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Diamanti sporchi di sangue (1978)  
Maestro d'armi
Gilberto Galimberti
Con
Claudio Cassinelli
Guido Mauri

Martin Balsam
(Doppiato da Arturo Dominici)
Rizzo

Barbara Bouchet
(Doppiato da Vittoria Febbi)
Lisa

Pier Paolo Capponi
Tony

Olga Karlatos
(Doppiato da Rita Savagnone)
Maria

Vittorio Caprioli
Commissario Russo

Alberto Squillante
Enzo, figlio di Maria

Carmelo Reale
(Doppiato da Glauco Onorato)
(come Roberto Reale)
Marco


Riccardo Perrotti Parisio


Raoul Lo Vecchio
Venditore di armi

Fernando Cerulli
Mr. Philips, tagliatore di diamanti

Camillo Chiara


Fulvio Mingozzi
Nicola

Sandro La Barbera
(come Santo La Barbera)

Agostino Crisafulli


Paul Oxon


Franco Beltramme
Uomo di Tony

Erigo Palombini


Salvatore Billa
Uomo di Tony

Domenico Di Costanzo
Poliziotto

Sergio Sinceri


Paolo Manincor


Tom Felleghi
Dottore (*)

Gilberto Galimberti
Uomo di Rizzo di guardia a Mr. Philips (*)

Lina Franchi
Donna sul pullman (*)

Calogero Azzaretto
 (*)

Armando Tortorici
Poliziotto nel prologo (*)

(*) non accreditato




"[…] [E’ un] film che, nel metro di una sceneggiatura, piuttosto fiacca, Fernando Di Leo ha diretto alla buona, dando un certo rilievo solo alla violenza che contraddistingue, ovviamente, molte scene. […] "
Cer. - Il Messaggero - 18/03/1978

"[…] Il succo del film, scritto e diretto da Fernando Di Leo, sta tutto qui, e cioè che mafia, mala o killerismo è bello purché se ne rispettino le regole. A parte un commissario (Caprioli) che vanamente tenta di inserirsi nella vicenda, i protagonisti hanno tutti al loro attivo omicidi e rapine: tuttavia il manicheismo del regista-soggettista riesce ugualmente ad affermarsi nella separazione dei personaggi in assassini buoni e assassini cattivi. […]"
I.M. - Paese Sera - 19/03/1978

"[…] La vicenda […] oscilla continuamente tra lo psicologismo e l’azione. La regia di Fernando Di Leo, tra questi due poli, perde mestiere e il film sconfina nel ridicolo anche a causa delle forzate figure di contorno, dei caratteristi dialettali. Claudio Cassinelli è Guido, la figura-chiave attraverso la quale il regista aveva probabilmente pensato di costruire la logica di un vero e proprio melodramma gangsteristico, che finisce con l’essere, invece, soltanto un film confuso, privo di forma e ritmo."
G.Gs. (Giovanna Grassi) - Corriere della Sera - 20/03/1978



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