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"Questa proprio non ce la dovevano fare: adesso che ci eravamo abituati a vedere il cubano trapiantato Tomas Milian nei panni - a dire il vero piuttosto consunti - del poliziotto sui generis “Monnezza” (in un’altra fortunata serie super-violenta) che usa solo il turpiloquio e conosce il karaté, ecco che ce lo presentano come un delinquente comune, o meglio come un capobanda sanguinario. Tutto questo, ci si consenta, non è molto corretto, soprattutto nei confronti del povero spettatore-affascinato-di cazzotti. Eh, sì, perché ora gli tocca fare il tifo per il “buono” di turno, nella fattispecie il terribile Maurizio Merli che, definitivamente gettato il poncho di Garibaldi, fa il poliziotto radiato “dall’albo” ma sempre fedele servitore della giustizia, colla scusa della sua posizione ibrida mena e ammazza a tutto spiano. Al cambio però chi ci rimette è Merli: […] il favore del pubblico, - crediamo - va sempre a Milian che a proposito di violenza e parolacce ormai ne sa una più del diavolo e non delude mai le aspettative. Regìa:Umberto Lenzi." | Pep. (Massimo Pepoli) - Il Messaggero - 13/02/1977 |
"[…] Malgrado la banalità della sceneggiatura, ricavata da un soggetto di Sauro Scavolini non privo di spunti originali, il film di Umberto Lenzi è diretto con una certa abilità. La pellicola, mescolando generi diversi, assume tonalità ora nere ora rosa e strizza con astuzia l’occhio alla platea propinandole tutti gli stereotipi della più facile letteratura tascabile poliziesco-gangsteristica. Il film, infatti, si vede proprio come si legge un brutto, ma avvincente romanzaccio giallo. Il “merito” di Lenzi consiste nell’aver immerso questa avventura qualunquistica in un bagno di insanguinata ironia. Tra le cattive battute e le gratuite volgarità, infatti, scoppietta qualche scintilla di “humour” anche perché il torvo Thomas Milian, nei panni di ladro, si trova più a suo agio che non in quelli altrimenti abituali di poliziotto. I principi ed i paggi del filone armato - Renzo Palmer, John Saxon, Maurizio Merli - gli fanno corona senza infamia e senza lode. […]" | G.Gs. (Giovanna Grassi) - Corriere della Sera - 13/02/1977 |
"In un solo colpo ecco riuniti Milian, Merli e Saxon, i “leader” del poliziesco all’italiana, quello in cui è necessario far vedere una cinquantina di morti ammazzati e versare i soliti litri di sangue al pomodoro. Maurizio Merli, col suo volto marmoreo per non dire inespressivo, è un commissario costretto ad emigrare in Svizzera per evitare la vendetta di un evaso. […] Inutile dire che il vincitore finale sarà il biondo commissario. Inutile anche aggiungere che il film è scontato dall’inizio alla fine." | P.Me. (Paolo Mereghetti) - Il Giorno - 28/03/1977 |
"[…] Sfruttando la formula del “giustiziere solitario” […], il regista Umberto Lenzi ha confezionato un medio prodotto con happy-end gratificante. […] Ma il meccanismo della vicenda è vecchiotto e prevedibile: manca la suspense e lo spettacolo non ha né il sale né il pepe adeguati. Se per un film d’azione si intende una storia dove tutti si agitano, sparano, fanno a pugni e corrono in auto, allora anche questo è un film d’azione. " | S.C. (Sandro Casazza) - La Stampa - 13/04/1977 |
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